NAGOTTVILLE, NOIR DI BARALDI

Una città immaginaria ispirata al dialetto lariano è la scena di delitti da film

Secondo gli studiosi, il lombardo “nagòtt” deriva dall’espressione idiomatica latina “ne gutta quidem”, “neppure una goccia”, per indicare, insomma, un bel nulla. La negazione e la parola, nel tempo, si sono unite ed ecco nascere il nostro “nagòtt”, diffuso a Como quanto a Milano, sempre con il medesimo significato, ripreso anche a livello ufficiale, ad esempio da un personaggio del “Brancalone alle Crociate” di Monicelli, dove incontriamo Lino Toffolo nei panni di Fanigotto da Vinegia (come a dire Fannullone di nome proprio) mentre chi seguiva i De Sfroos fin dalla prima ora ricorderà “Fa nagòtt”, un brano poi mai più ripreso, che ci illustra un’altra accezione: “Fa niente”, non importa.

Questo lungo preambolo per significare che se Massimo Baraldi ha deciso di intitolare e di ambientare il suo ultimo romanzo a “Nagottville” non è certo per caso. Originario di Mirandola, provincia di Modena, ha cessato dii essere concittadino di Giovanni Pico trasferendosi in Liguria, sul Lario poi e ora è ammirato residente di Carate Urio. È traduttore di Vladimir Majakovskij, autore di romanzi e testi teatrali, collabora con la Casa della Poesia di Baronissi e con la rivista russa “Ozero Komo”. Le sue ultime opere sono, in campo letterario, la raccolta di interviste a personaggi del mondo della cultura, dell’arte, dello sport “Tre giorni nella vita”, e in quello visivo il cortometraggio “Urban Dream”. “Nagottville” è la sua prima pubblicazione con la Gilgamesh Edizioni.

Una città strana, affacciata su un mare così piccolo che potrebbe tranquillamente essere un lago. Una di quelle città in cui, proverbialmente, non succede niente, ma proprio “nagòtt”, o, almeno, così dovrebbe essere perché, invece, pagina dopo pagina, le cose accadono. Soprattutto la gente muore, misteriosamente, perché siamo di fronte – ci avvisa subito il sottotitolo – a un “thriller italiano tutto pallottole, delitti, baci e pop-corn”. Attenzione, non si tratta di una parodia: elencati così, gli elementi costitutivi di tutto quanto è noir – le sparatorie, i morti ammazzati, gli amori roventi da vivere anche sulle sedie del cinema – possono fare sorridere e, sì, è anche questo l’intento. Ma Baraldi è il primo a divertirsi con le armi che questo genere mette a disposizione a chi ne vuole scrivere.

Il protagonista – definirlo “il nostro eroe” sarebbe fargli un torto – ha un nome che non si incontra tutti i giorni, Maceo, come il grande Maceo Parker, celeberrimo sassofonista, mentre il cognome, Manin, è da patriota, ma anche da testa calda. Lei, perché deve esserci una lei, ha ricevuto un nome lieve come la neve, infatti è proprio Neve, quella che a Nagottville non cade mai. Gronchi è un cognome da presidente, da francobollo prezioso, da Indüstria nostrana, di quelle con la ü. Quanto al teatro delle vicende, la parola va lasciata all’autore: “Nagottville. Una cittadina anonima: sedici miglia dalla Città e altrettante dal Confine, lo sciacquone del tempo l’avrebbe certamente rimossa dalla memoria comune se non avesse avuto le profonde cicatrici lasciate dalla Guerra a cui aggrapparsi. Intorno a esse dapprima fiorì una serie di leggende di uomini coraggiosi e fortune nascoste. Poi, visto che dietro ogni tesoro da trovare c’è una mappa da interpretare, nei mercatini rionali si cominciò a intravederne di ogni tipo e fattezza, per la gioia dei bocconi tutti. Per riconoscere quella giusta dicevano bastasse impugnarla e interrogare il gufo del bosco in una notte di plenilunio, il resto sarebbe venuto da sé”. E poi precisa: “Fu a Nagottville che l’avventura di Neve e Maceo ebbe inizio, fu a Nagottville che si concluse. E ancora se ne parla, lì come altrove, perché le storie non hanno padrone: tra fondi di bottiglia e maniche arrotolate, ognuno può raggomitolarne il filo in piena libertà. Ma dovessimo stare sui diretti interessati, qui arriveremmo giusto a due. Senza il diavolo, che con lui fanno tre.” Di più non si può dire, com’è giusto quando si tratta di gialli, bisogna accontentarsi di questo invito a calarsi nel grande nulla di questa strana città e a seguire le vicende di chi vi si agita dentro, da una parte e dall’altra della giustizia.

© Alessio Brunialti per il quotidiano “La Provincia di Como” del 19 aprile 2021

VAI ALLA RASSEGNA STAMPA COMPLETA |