L’ULTIMO LIBRO DI MASSIMO BARALDI A PAROLARIO

TRE GIORNI NELLA VITA

Massimo Baraldi è originario della Bassa modenese, cresciuto a Imperia e, nel tempo, diventato comasco“, si legge nel profilo dello scrittore stampato in terza di copertina del suo ultimo lavoro, “Tre giorni nella vita“, edito da Multimedia e attualmente in fase di presentazione al pubblico con un tour ad ampio raggio nell’Italia meridionale. E comasco Baraldi lo è senza dubbio, anche se di “adozione” come puntualizza non senza una punta di civettuolo compiacimento, dal momento che, trasferitosi sul Lario nel 1993, ha abitato per quattro anni a Lipomo, per dieci a Olgiate, per tre ad Appiano, per altri sei a Como e ora si è trasferito a Carate Urio, dove risiede.

Per la nostra provincia, e per la cultura che il territorio è in grado di mobilitare e di esprimere, si tratta di una presenza significativa, e basta scorrerne il ricco e frastagliato curriculum per accertarlo a scanso di qualsiasi equivoco. Nato a Mirandola il 19 febbraio 1966, dopo l’esordio nelle vesti di traduttore dal russo di Vladimir Majakovskij, con il testo “Per la voce” pubblicato nel 2002 da Ignazio Maria Gallino e vincitore nel 2003 del premio per la migliore edizione di pregio, Baraldi eseguì il passaggio alla scrittura in prosa con il romanzo “One for the road“, dove la ripresa dell’antica tradizione londinese di offrire l’ultimo bicchiere al condannato a morte prima dell’appuntamento con la forca di Tyburn Tree diveniva pretesto “per raccontare la storia di un personaggio senza volto che trascorre la sua ultima notte al bar costruendo un soliloquio di 19 giri al bancone del locale”, come spiega l’autore, “anche se la cosa più interessante del libro è forse la prefazione scritta da Jack Hirschman, uno degli ultimi poeti della Beat Generation. In seguito, nel 2010, ho realizzato un cortometraggio, patrocinato dai Comuni di Como e Olgiate Comasco, dal titolo “Urban Dream” (Sogno metropolitano), con un testo recitato dal bluesman di Atlanta “Mudcat” (pescegatto, ndr) e scomposto e ricomposto dal compositore comasco Giovanni Bataloni come se fosse un brano musicale, prima di essere affidato alla regista romana Carola De Scipio per la produzione “fisica” del cortometraggio vero e proprio.

Un lavoro sviluppato lungo l’asse Como-Roma-Atlanta, presentato sul web come “affabulazione allocromatica per abbagli e risonanze” e che più semplicemente sta a indicare che la realtà percepita dallo sguardo di ognuno è diversa da soggetto a soggetto, e che una realtà esteriore “oggettiva” unica per tutti non potrebbe mai esistere. Dopo alcuni racconti brevi imperniati sul mondo delle piccole cose, ho infine portato a compimento questo mio ultimo libro, “Tre giorni nella vita“, in cui quarantuno personaggi hanno provato a condividere con i lettori tre giornate della propria vita, per dare una risposta alle domande di base dalle quali è nata l’idea del volume. E cioè: quanto dura un giorno? Di cosa è fatto? Si possono separare e contare? I giorni belli valgono più di quelli brutti? E di quelli così-così cosa ne facciamo, li buttiamo? E il giorno di una étoile è uguale a quello di un poeta? E via così di questo passo”.

I quarantuno personaggi in questione sono “personaggi” nel senso autentico e permeante del del sostantivo, trattandosi del ciclista Francesco Moser, dello sciatore Gustav Thöni, dei pugili Nino Benvenuti e Maurizio Stecca, dei calciatori Paolo sollier e Gianfranco Zigoni, della soubrette Natasha Stefanenko, del cantante Ricky Gianco, dello scrittore Vsevolod Bernstein, dell’uomo di Chiesa fra Paolo Garuti, dell’architetto Donatella Cervi, della ballerina Luciana Savignano, dell’ebrea comasca Ines Figini*, dell’artista Jean Blanchaert, del nuotatore di Mandello Leo Callone primatista assoluto sui laghi d’Italia, della poetessa Elisa Biagini, ma questo vale solo per citarne alcuni. Sino ad arrivare al critico d’arte Philippe Daverio, scomparso lo scorso 2 settembre, che proprio a Baraldi aveva rilasciato una delle ultimissime interviste, quella che fa bella mostra di sé alle pagine 46-49 del libro, essendo uno dei contributi più toccanti dell’opera. “Ho voluto scrivere un libro sulla bellezza e sui sogni, sui sentimenti e sulle immagini che ognuno porta dentro di sé, traendo spunto dalla celebre canzone “A Day in the Life” di John Lennon e Paul McCartney. Anche per questo mi è sembrato naturale strutturare questi quarantuno ritratti assimilandoli ai dischi in vinile a 45 giri di una volta: perché sono ritratti che emozionano, densi e suggestivi proprio come le canzoni”.

Portato a termine il recentissimo tour di presentazione del libro nel Sud Italia, con tappe a Gaeta, Baronissi, Salerno, Tropea, Castellammare di Stabia, Pontecagnano, Catania e Potenza, Baraldi sarà ospite il 24 ottobre a Parolario, essendo la comasca Fiera del Libro di quest’anno la tappa conclusiva dello stesso tour. L’autore conclude questa sua anamnesi autobiografica, che si è voluta utilizzare a mo’ di presentazione, rimarcando un ulteriore elemento che ne certifica, per così dire, la “larianità”. Mai pentitosi di essersi trasferito nel Comasco e consapevole che la scelta gli sia servita proprio per compiere la sua parabola di narratore, “lontano dalle realtà affollate e congestionate delle grandi metropoli che troppe volte sono da ostacolo a chi deve seguire il filo della propria ispirazione, ritengo che un paese come Carate sia invece lo sfondo più adatto per imparare ad ascoltare e a mettere ordine nei pensieri. Non è mai stato per nessuno un mistero che la bellezza dei luoghi agisca da stimolo per la creatività, offrendo la possibilità di costruire mondi fantastici in cui sia più agevole muoversi per ottenere un nuovo equilibrio, lontano dal frastuono e dalla confusione che sono nemici mortali di ogni creazione. Solo così possiamo ritrovare noi stessi come esseri partecipi di questa creazione più grande in cui tutti viviamo pienamente interconnessi, anche se a volte ce ne dimentichiamo”.

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© Salvatore Couchoud per il periodico “IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO”, 22 ottobre 2020

*NB: Ines Figini non era ebrea, fu arrestata e deportata per aver difeso alcuni colleghi in occasione di uno sciopero*

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