L’ho acquistato sabato, ieri sera l’ho letto. One for the road – Massimo Baraldi – ed. Larcher € 12,00. Mi sono messa sul divano, comoda, ho acceso la luce, la mia lampada preferita. E’ di vetro spesso bianco e trasparente nella parte inferiore, pare una scultura. Ho letto con lentezza, fermandomi ad ogni frase, quasi ad ogni parola. Mi capita quando un libro mi piace tanto ed anche quando l’autore stesso nella sua testimonianza, da conservare, t’invita a farlo. Quando la sequenza di parole induce emozioni. Infatti la scrittura di Massimo Baraldi non è solo prosa ma musica, poesia in forma di soliloquio attento, ironico, denso di significato. Scelgo a caso un frammento di un giro (di vino, di birra), ogni capitolo un giro li ha definiti così Massimo Baraldi.

“…è in queste notti che il passato si confonde con il presente e col futuro, e l’intero concetto di tempo perde di significato. la brezza è dolce e la luna è alta. e il mio amore lontano. la mia vita scorre fredda e piacevole. la mia vita senza di lei. senza le sue mani. senza le sue labbra. l’immagine di lei mi brucia nel ricordo, devasta i delicati equilibri della mente, irrompe nei suoi angusti corridoi, spazza via quanto vi è di stabile e lascia solchi profondi, come quelli di una lama affilata sul palmo della mano e ne sono annientato”…

C’è il tempo. Un tempo quotidiano misurato dagli orologi e dai calendari, e un tempo sacro, originario che rimanda al mito, ad un’antica concezione del tempo, legata alla natura, al rito, alla sacralità della persona. Allora la misura astratta di tempo fornita dall’orologio appare una forma di alienazione rispetto al nostro reale. Solitamente non ce ne accorgiamo. Nell’amore e nella sofferenza per la perdita dell’amore si palesa. La temporalità del quotidiano si ferma nel primo caso per prolungare la tenerezza, i gesti d’amore, la fusione dei corpi; nel secondo si dilata nella ripetizione di un desiderio di ritorno impossibile, una mancanza che riempie tutto il tempo del pensiero.

Questo avrei detto a Massimo Baraldi, ieri sera, in un’ipotetica conversazione accomodati sul divano, e avrei aggiunto: “tutte le tue parole mi hanno tenuto compagnia, una bella compagnia come solo la grande poesia può fare”. Molto bello!

Trattenendo
me stesso,
come a un convegno,
sino all’ultimo battito del petto,
tendo l’orecchio:
l’amore riprende a ronzare,
umano,
semplice.
Fuoco,
uragano
ed acqua
s’avanzano con un sordo brontolìo.
Chi saprebbe dominarsi?
Potete?
Provateci…

Vladimir Vladimirovic Majakovskij

©Giulia aka Pitagox2, 24/03/2008