Questo romanzo è… uno splendido fumetto! Un fumetto in prosa, ma di alta classe, e che affascinerà non solo gli appassionati delle avventure di Dylan Dog (io oserei citare persino Tex e Zagor). Il racconto, suddiviso in 19 “giri” e un epilogo, procede sulle ali di una ghignante ossessione che rotea intorno a immagini tanto allucinanti quanto suggestive. Certe frasi esplodono come castagnole; o come un pugno in un occhio. Più volte l’Autore ci spiazza con un cambio di marcia per subito dopo però riprenderci per mano e guidarci attraverso un paesaggio popolato di caimani, ammazzacaimani e strani suini lascivi. Vegetazione, pantani e fiumi sono quelli dell’Amazzonia. O ci troviamo, piuttosto, in una contrada nostrana?…
Tutto è misterioso in One for the Road, misterioso e avvincente. Ma il mistero più grande è certamente quello della vita stessa. Perché diavolo siamo al mondo? Solo per affrontare un pericolo dopo l’altro e andare poi ad ancorarci al bancone di un bar? Di chi siamo gli eroi? Di noi stessi?
Baraldi, esperto giramondo (ha soggiornato, tra i tanti luoghi, anche nell’allora Unione Sovietica) fa uso di un mistilinguismo che include termini del dialetto modenese – niente paura: c’è un piccolo glossario allegato. Tale plurilinguismo è comunque saggiamente dosato, e non interrompe l’incalzare della scrittura; anzi la arricchisce, rendendo l’ambientazione più esotica.
La presente edizione del romanzo si avvale dell’apporto dei due artisti che già contribuirono a quella che, nel 2002, uscì a tiratura limitatissima: Enrico Cazzaniga per la copertina (dipinto realizzato con candeggina, smalto stradale e pastello su fustagno nero) e Enzo Santambrogio (responsabile delle tavole, che, nell’edizione privata, erano colorate con… alcolici da bar).
Il titolo significa: “uno per la strada“. Nei pubs anglosassoni rappresenta il bicchiere della staffa, dopo che il barista ha annunciato la chiusura.
Al più tardi dalla dedica, il lettore comprende che si trova di fronte a un prodotto a dir poco originale; la dedica è infatti piuttosto… un’anti-dedica. Una vena di sorridente follia scorre per tutto il libro, e le uniche pagine veramente “sobrie” sono quelle occupate dalla prefazione a firma del grande poeta americano Jack Hirschman.
Per raccontare la vicenda (o la serie di vicende), l’io-narrante spesso si rivolge a baristi e/o avventori di spacci alcolici. Qua e là risaltano inserti di natura indubbiamente autobiografica, che descrivono – non sempre con toni romantici – lo strazio di un cuore innamorato (si parla della bella Silver). In conclusione, la rabbia, sorta dalla volontà di cavalcare la vita – prima che la vita cavalchi noi -, è il leit motif di questo romanzo.
One for the road non è solo un’opera letteraria: fa parte di un progetto più ampio, nel quale confluiscono svariate esperienze e forme di espressione. Sul sito www.massimobaraldi.it, all’interno della “Galleria”, saranno via via esposti i lavori di arte visiva legati al romanzo.
Curiosità 1): la prima versione di One for the Road aveva una copertina in ferro trattata con acidi e incisa col laser, la carta era in fibra di cotone, il dorso in cuoio e la rilegatura a base di viti e bulloni.
Curiosità 2): coerentemente col proposito dell’Autore di rimanere fedele a “un’arte globale”, esiste una riduzione teatrale di One for the Road, già messa in scena con l’attore Gianni Sala accompagnato alle percussioni da Mauro Antonazzi.

[©Peter Patti, progettobabele.it , gennaio 2006]