Un gioiello assoluto che si fa strada verso il nostro cervello attraverso gli occhi, le orecchie, il tatto, un oggetto progetto plurisensoriale. Una scheggia di futuro che ci giunge dal passato, non deteriorata, non invecchiata.

Ignazio Maria Gallino è uno psichedelico nato, il fondatore nel 1968, con Guido Blumir, del Sima, il primo organismo di difesa di ogni tipo di devianza perseguitata (dall’omosessualità ai consumatori di sostanze), insomma è una colonna dell’underground. Ignazio è la memoria storica del movimento, possiede un archivio sulle derive creative e alternative degli anni sessanta e settanta che dovrebbe essere acquisito dallo stato come bene inalienabile del patrimonio culturale nazionale, e invece nisba, non trova neanche una casa in grado di ospitarlo, il suo archivio. Ignazio è rimasto un vecchio hippy, un old beat, un figlio dei fiori.

Ma da qualche tempo è anche un figlio dei fiori di Gutemberg, e come tale è uno splendido editore. Un coraggioso che solo soletto osa sfidare le grandi case, le superpotenti distribuzioni, i mega store. Ha finora inaugurato diverse collane, I Fiori del Male, Psichedelica, Le Avanguardie Artistiche del Novecento, i Multipli: ma è di quest’ultima che vogliamo parlare, della sua volontà di pubblicare libri rari e complicati per composizione, concezione, realizzazione, libri scomodi sotto molti punti di vista, da riprodurre in facsimile, senza tradire l’originale.

Il primo volume che ha tirato fuori è lo spettacolare “Per la voce” di Vladimir Majakovskij e El-Lisitskij. Si tratta di un’opera grafo-poetica altamente propagandistica, fortemente avveniristica, decisamente mistica. Un lupesco ululato in favore dei diseredati, degli affamati, un urlo forsennato contro i papponi, i forchettoni dorati… siate maledetti!/ Che/ le vostre vie/ dalla rivolta siano invase.

Per la voce dei senza voce, ordinanza all’armata delle arti affinché trasformi le strade in pennelli e le piazze in tavolozze, per la voce di tamburini e poeti futuristi, per la voce delle barricate di cuori. È un libro unico, la testimonianza d’un sodalizio senza eguali tra il pittore e il poeta, il prototipo di un novello modello espressivo, il più bell’esempio di architettura tipografica d’avanguardia.

Tagliato come un’agenda telefonica con le pagine a scalare, rigorosamente rosse e nere, “Per la voce” è la registrazione fedele a mezzo stampa della passione sconfinata nella rivoluzione – politica e estetica – che agitava gli animi degli artisti futuristi, suprematisti, costruttivisti. Pubblicato a Berlino nel 1923 dalle Edizioni di Stato della Repubblica socialista federativa dei Soviet di Russia, è il risultato dell’assemblaggio del materiale della “cassa dei caratteri” realizzato da El-Lisitskij in una piccola tipografia berlinese.

Un gioiello assoluto che si fa strada verso il nostro cervello attraverso gli occhi, le orecchie, il tatto, un oggetto plurisensoriale. Una scheggia di futuro che ci giunge dal passato, non deteriorata, non invecchiata.

Roman Jakobson, a botta calda, subito dopo il suicidio di Majakovskij, nel 1930, lamentava come la loro generazione avesse dissipato i propri poeti, non avesse saputo ascoltarli, difenderli, salvarli. Facciamolo noi, ora, qui.

© Pablo Echaurren per il settimanale “CARTA”, 23/29 gennaio 2003